pompiere_morto_per_aminato_nella_tuta_risarcimento_alla_famiglia

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Il Tar della Lombardia ha dato ragione agli eredi condannando il Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni

Ci sono voluti quasi sette anni di scontri in tribunale perché venisse riconosciuto un risarcimento alla famiglia di un pompiere morto a causa l’amianto contenuto nella tuta che indossava per lavoro.

Lui era un vigile del fuoco, deceduto per cancro nel 2008 dopo quasi trent’anni di onorata carriera.
Aveva iniziato ad indossare quella tuta, la sua divisa, nel 1967, senza sapere che l’amianto contenuto al suo interno lo avrebbe lentamente portato alla morte.

E’ stato necessario molto tempo per accertare le colpe.
Anni in cui i familiari hanno lottato per far emergere una verità scomoda, per far sì che nessun altro subisse la stessa sorte del loro caro.

La sentenza del Tar della Lombardia, emessa nel 2015, non ha fatto altro che confermare quanto affermato nelle precedenti sentenze.
I giudici del Tar hanno dato ragione alla famiglia del pompiere deceduto: il cancro dell’uomo, scoperto nel 2006, era stato causato dalle polveri di amianto sprigionate dalla tuta durante lo spegnimento degli incendi.
L’uomo è morto per un mesotelioma pleurico, la stessa malattia che ha portato alla morte altri 58 pompieri italiani dal 1993 ad oggi.

Il Tar della Lombardia ha quindi condannato il Ministero dell’Interno a versare un risarcimento alla famiglia.

La fibra di amianto è stata largamente utilizzata nei guanti e nei mantelli dei vigili del fuoco a partire dal lontano 1967.
Il Ministero dell’Interno ha iniziato a sostituirne l’utilizzo preferendo altri materiali a partire dal 1986, ma il divieto di utilizzo dell’amianto risale solo al 1992.
Quindici anni quindi, in cui la salute dei pompieri italiani è stata messa gravemente a rischio.
Ci sono infatti stati altri casi simili a questo, che giunti in tribunale hanno portato alle medesime conclusioni.

Nel 2010, in seguito alla morte di un altro vigile del fuoco spezzino a causa di un mesotelioma, il tribunale di Genova aveva disposto che lo Stato versasse un risarcimento alla famiglia pari a 600mila euro.

Nel 2012, un’altra sentenza sulla stessa linea.
Sono stati riconosciuti 750mila euro di risarcimento alla famiglia di un vigile del fuoco triestino deceduto nel 2003 per un mesotelioma causato dall’esposizione all’amianto.
Il giudice ha riconosciuto la responsabilità del Ministero dell’Interno per la morte dell’uomo che aveva prestato servizio fin dal 1998 prima a Udine e poi a Trieste.
Anche in questo caso è stato riconosciuto il nesso causale tra le fibre di amianto contenute nella divisa dei vigili del fuoco e l’insorgere della malattia che ha causato il decesso.

Nella sentenza si parla inoltre di presunta negligenza del Ministero dell’Interno in ordine alle misure preventive che, messe in atto, avrebbero potuto impedire che l’uomo contraesse la malattia che lo ha ucciso.
Il giudice ha fatto inoltre notare che la pericolosità dell’amianto era già nota nel periodo in cui il vigile vi era stato esposto ed il Ministero avrebbe quindi dovuto predisporre una immediata sostituzione delle divise in dotazione ai vigili del fuoco, ma non l’ha fatto.

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