
Ma per la Cassazione si è trattato di una sanzione sproporzionata
Aveva deciso di affogare i problemi nell’alcol e così, durante il suo orario di lavoro, ha iniziato a rubare il vino dagli scaffali del supermercato di cui era dipendente
Colto sul fatto, l’uomo è stato licenziato in tronco, ma per la Corte di Cassazione si è trattato di licenziamento illegittimo.
Le conclusioni della suprema Corte, nella sentenza 854/2015, hanno lasciato basite molte persone: il dipendente che per ubriacarsi ruba il vino nel supermercato dove lavora non può essere licenziato se il vino costa poco e se lui sta attraversando un momento difficile sul piano personale.
L’episodio in questione che ha dato origine alla vicenda è avvenuto in un supermercato di Catanzaro.
L’azienda ha scoperto che uno dei suoi dipendenti aveva rubato più volte nell’arco di diversi giorni delle confezioni di vino in scatola che erano esposte sugli scaffali, più o meno un litro al giorno.
Non solo: aveva preso l’abitudine di consumare il vino sul posto di lavoro, durante il suo orario, e per di più nemmeno si preoccupava di buttare i cartoni vuoti, ma li abbandonava per terra, nel punto dove si trovava a passare.
Il datore di lavoro, di fronte a tali comportamenti, ha licenziato l’uomo e tale decisione è stata avallata anche dal Tribunale di Catanzaro.
Il ricorso in appello ha però iniziato a modificare la situazione: il licenziamento è stato annullato dalla corte territoriale che, pur convenendo sul comportamento illecito del dipendente, ha ritenuto sproporzionata la reazione del datore di lavoro.
Licenziamento illecito, quindi, nonostante tutto ciò che era accaduto.
Sconcertato, il datore di lavoro ha deciso di ricorrere in Cassazione, forte del fatto che il furto di beni aziendali viene espressamente sanzionato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro in virtù del quale è possibile applicare il licenziamento per giusta causa.
Ma la sentenza della Corte di Cassazione, se possibile, è stata ancora più sconvolgente di quella precedentemente emessa dalla corte di appello.
Anche per la suprema Corte, che ha rigettato le tesi del ricorrente, si è trattato di licenziamento illegittimo.
Le motivazioni?
Secondo i giudici il comportamento del dipendente non era da considerarsi come un furto vero e proprio, ma come un semplice “consumo di vino”, cioè come un fatto meno grave.
In fondo il bene sottratto era di basso valore economico, per di più di poca entità: solo un litro al giorno per un periodo non troppo lungo di tempo.
Nella sentenza si continua poi a sminuite la gravità dei fatti sottolineando che l’uomo era spinto dalla necessità di provvedere ad un bisogno che può essere definito urgente e grave, legato ai suoi problemi personali, quindi il datore di lavoro avrebbe dovuto tenerne conto e valutare la sua condotta con meno severità.
In conclusione, poiché si è trattato di licenziamento illegittimo il dipendente è stato reintegrato al lavoro ed ha ottenuto il pagamento degli stipendi e dei contributi previdenziali relativi al periodo in cui è stato allontanato dal luogo di lavoro.