
Modalità e limiti del pignoramento verso terzi stabiliti dalla legge
Il pignoramento è oggetto dell’art.492 del codice di procedura civile: si tratta di un’ingiunzione diretta al debitore che viene fatta per mezzo di un ufficiale giudiziario.
Quest’azione viene messa in atto allo scopo di evitare che il debitore compia atti che possono sottrarre dei beni alla garanzia del creditore.
Tra le varie forme di pignoramento esistenti, viene scelto il pignoramento presso terzi quando il debitore è titolare di uno stipendio o di una pensione, ma solo se non vi insistono già altri pignoramenti.
Questo tipo di pignoramento può essere riferito anche ai beni mobili del debitore che si trovano nella disponibilità di un terzo: es. lo stipendio risulta nella disponibilità del datore di lavoro, le somme depositate in banca sono nella disponibilità dell’Istituto di credito.
La notifica del pignoramento
Il pignoramento presso terzi deve essere notificato sia al debitore che al terzo.
Nell’atto viene ingiunto al debitore di non sottrarre beni alla garanzia del creditore e vengono inoltre indicati il credito per il quale si procede al pignoramento, la sentenza o il decreto ingiuntivo che rappresentano il titolo esecutivo, il precetto già notificato in precedenza.
Viene anche intimato al terzo di non disporre delle somme o dei beni pignorati.
La recente modifica della normativa sul pignoramento presso terzi
Con il D.L. n.83/2015, entrato in vigore lo scorso 27 giugno, il Governo ha apportato variazioni a diversi articoli del codice di procedura civile cambiando il contenuto dell’atto di precetto e fissando limiti differenti rispetto al passato relativi al pignoramento presso terzi.
Prima dell’entrata in vigore di questa normativa il creditore che decideva di far pignorare lo stipendio o la pensione del debitore poteva farlo nei limiti di un quinto rivolgersi direttamente al datore di lavoro oppure all’ente previdenziale per mezzo di un atto notificato.
Se ad essere pignorato era invece il conto corrente bancario l’atto andava notificato alla banca e potevano essere bloccati tutti i soldi depositati.
Il Decreto Legge n.83/2015, modificando il testo dell’art. 546 c.p.c., ha invece disposto che non sarà più possibile pignorare l’intero ammontare del conto corrente stabilendo a riguardo dei limiti:
- nel caso in cui l’accredito in banca sia stato effettuato prima del pignoramento si può bloccare una somma pari all’importo eccedente del triplo dell’assegno sociale (nel 2015 l’assegno sociale è stato di 448,51 euro, erogato per 13 mesi);
- nel caso in cui l’accredito in banca sia stato effettuato nella stessa data, o successivamente al pignoramento, le somme possono essere pignorate in base ai limiti stabiliti dalla precedente normativa, nella misura disposta del giudice e mai più di un quinto.
Eseguire un pignoramento su somme maggiori rispetto a quelle indicate significa rendere questo atto parzialmente inefficace perché risulta valido solo quello effettuato entro i limiti disposti.
Lacune della nuova normativa
Il Decreto Legge 83/2015 non indica nello specifico in che modo il debitore può dimostrare che sul suo conto corrente vengono accreditati pensione o stipendio, si desume che una prova utile per fissare i limiti del pignoramento possa essere costituita dall’estratto conto.
Non viene altresì chiarito se i nuovi limiti al pignoramento valgano anche se sul conto sono depositate somme provenienti dal altre rendite.
Perché fissare limiti al pignoramento dello stipendio o della pensione?
Il legislatore ha ritenuto opportuno vietare la sottrazione totale dello stipendio o della pensione del debitore per non mettere a rischio la sopravvivenza del soggetto o delle persone che da lui dipendono economicamente.