
L’eredità: cosa fare se non si vuole accettarla
Quando, per vari motivi, non si desidera ricevere una eredità si deve obbligatoriamente manifestare questo diritto attraverso una specifica dichiarazione. Nella rinuncia all’eredità si afferma di non voler accettare il patrimonio lasciato dal de cuius, sia che ci si trovi in presenza di un testamento sia che non ci sia nessuna disposizione testamentaria.
Questa dichiarazione è ovviamente l’espressione di una volontà personale e come tale deve essere il risultato di una decisione presa in totale libertà, priva quindi di ogni tipo di condizionamento, da limiti e termini e, inoltre, deve essere gratuita e a favore di tutti gli altri chiamati all’eredità.
Cosa fare la rinuncia all’eredità
Il primo passo per la rinuncia all’eredità consiste, appunto, nel redigere la dichiarazione. La stessa deve poi essere ricevuta o da un notaio o dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (Cancelleria della Volontaria Giurisdizione).
Il passo successivo prevede che la dichiarazione sarà inserita nel Registro delle successioni, conservato nel Tribunale stesso.
Caratteri precipui della dichiarazione di rinuncia all’eredità
La dichiarazione non deve prevedere:
- alcuna condizione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità a condizione che Tizio venda a Caio i suoi gioielli
- non deve prevedere alcun termine (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità fino al 31.12.2013”)
- non deve prevedere alcuna limitazione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità limitatamente ad uno solo dei beni).
ATTENZIONE – nel caso questi elementi essenziali non vengano rispettati la dichiarazione sarà nulla ovvero non potrà produrre alcun effetto; – nel caso la rinuncia venga dichiarata dietro corrispettivo o a favore di solo alcuni degli altri soggetti chiamati all’eredità, si ottiene l’effetto contrario: l’accettazione dell’eredità.
Termini per la rinuncia all’eredità
Il diritto di accettare e quindi di rinunciare all’eredità si prescrive in 10 anni dal decesso del donatore ex art. 480 c.c. e, nel caso di accertamento giudiziale dello stato di figlio, il termine decennale inizia a decorrere dal passaggio in giudicato della relativa sentenza (art. 480, 2° comma, cod. civ.).
Ci sono casi, poi, in cui il termine di dieci anni può essere modificato come, per esempio, quando un creditore personale del chiamato chiede al Tribunale del luogo ove si aperta la successione che sia fissato un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all’eredità (azione c.d. “interrogatoria”). Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare/rinunciare l’eredità (art. 481 cod. civ.).
Retroattività, revocabilità e decadenza della rinuncia all’eredità
Colui che rinuncia all’eredità è considerato come se non fosse mai stato chiamato alla stessa grazie all’effetto retroattivo ex art. 521 c.c.
La rinuncia è revocabile se l’eredità non sia, nel frattempo, già acquisita da un altro dei soggetti chiamati. Sono ovviamente fatte salvi i diritti acquistati da soggetti terzi sopra i beni dell’eredità (art. 525 cod. civ.).
Decade dal diritto di rinunciare (e si considera erede puro e semplice) il chiamato all’eredità che abbia sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa (art. 527 cod. civ.).