
Si parla di licenziamento per giusta causa quando la prosecuzione del rapporto di lavoro diventa impossibile a causa di una cattiva condotta del lavoratore.
Si tratta di ipotesi molto gravi in cui è stata lesa la fiducia del datore di lavoro, per questo motivo l’allontanamento del dipendente non richiede necessità di preavviso (giorni che devono intercorrere tra la comunicazione del licenziamento e l’effettiva cessazione dell’attività lavorativa).
Anche se i contratti collettivi elencano i casi in cui è possibile procedere al licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro potrà allontanare immediatamente il dipendente anche in casi non contemplati in questo elenco a patto che possa dimostrare la gravità del fatto che ha determinato la sua decisione.
Motivazioni alla base del licenziamento
Tra le motivazioni alla base del licenziamento per giusta causa i contratti collettivi elencano:
- il rifiuto ingiustificato e reiterato di eseguire il proprio lavoro;
- il rifiuto a riprendere l’attività lavorativa in seguito ad una visita medica che ha accertato assenza di malattia;
- il lavoro verso terzi durante un periodo di malattia se questa attività compromette la guarigione e quindi il rientro al lavoro;
- la sottrazione di bendi appartenenti all’azienda;
- una condotta personale extralavorativa penalmente rilevante;
- comportamenti violenti verso colleghi o sul luogo di lavoro.
Il ruolo del giudice
Il licenziamento per giusta causa non rientra nei casi per cui l’art.18 prevede il reintegro del lavoratore.
Ma perchè il licenziamento sia legittimo deve essere giustificato dal datore di lavoro.
Il giudice chiamato a decidere sulle cause del licenziamento dovrà quindi accertare la violazione dell’elemento fiduciario valutando la specifica mancanza da parte del dipendente considerata nel suo contenuto oggettivo e nella sua portata soggettiva.
In realtà il licenziamento per giusta causa non ha un significato esplicitamente definito nella vigente normativa: l’art. 2119 del Codice Civile, a cui spesso si fa riferimento, definisce la giusta causa alla base del licenziamento in modo generico come quella cioè che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria (periodi di preavviso), del rapporto lavorativo.
Tutele per i lavoratori
La Legge n.92 del 2012 prevede due tipi di tutele per il licenziamento per giusta causa definito disciplinare:
- se il giudice accerta la non sussistenza del fatto contestato al lavoratore, oppure se questo meritasse solo una sanzione e non il licenziamento, può intimare al datore di lavoro di reintegrare il dipendente corrispondendogli inoltre una sanzione a titolo risarcitorio che può arrivare fino a 12 mensilità.
- Anche se il giudice accerta l’assenza di giusta causa può, in determinati casi e per determinate ragioni, condannare il datore di lavoro a corrispondere un’indennità al suo ex dipendente per una cifra compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità, ma senza l’obbligo di reintegro del lavoratore.