Causa di lavoro

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La conciliazione nelle cause di lavoro è obbligatoria o facoltativa?

Dopo l’entrata in vigore della Legge n.183 del 4 novembre 2010, che ha modificato l’art. 410 c.p.c., non sussiste più l’obbligo di promuovere un tentativo di conciliazione per coloro che intendono proporre un’azione in giudizio.
L’obbligo permane solo nel caso in cui la controversia riguardi contratti certificati.

In linea generale è possibile quindi affermare che il tentativo di conciliazione in una causa di lavoro è un’azione facoltativa e non costituisce più, come nel passato, una condizione necessaria per procedere con la domanda.

I contratti certificati

Il tentativo di conciliazione in una

Decreto legislativo 66/03

è ancora obbligatorio quando la controversia riguarda un contratto certificato, come disposto dall’art 75 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, come modificato dall’art. 30 comma 4 della Legge n. 183/2010 che recita: “al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita”.

Possono intentare una causa di lavoro sia le parti sia i terzi nella cui sfera giuridica il contratto certificato può produrre effetti a causa dei seguenti motivi:

  • vizi del consenso;
  • difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione;
  • qualificazione del contratto sbagliata.

In questi casi, prima di intentare una causa di lavoro, vige l’obbligo di rivolgersi alla Commissione di Certificazione che ha certificato il contratto per chiedere sia messo in atto il tentativo di conciliazione come disposto dall’art.410 c.p.c.

La riforma Fornero

La Legge 92 del 2012 di riforma del mercato del lavoro (riforma Fornero) ha però introdotto una nuova forma di conciliazione esperibile solo nei casi di licenziamento intimato da un datore di lavoro per giustificato motivo oggettivo a cui si applica quanto disposto dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

La normativa prevede che prima di procedere al licenziamento il datore di lavoro debba inviare una comunicazione preventiva alla Direzione territoriale del Lavoro e per conoscenza al lavoratore.
Nel testo della comunicazione il datore di lavoro deve affermare la volontà di procedere al licenziamento, indicare i motivi che ne sono causa e le misure che intende adottare per una eventuale ricollocazione.
La Direzione territoriale del Lavoro entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione, convoca le parti per un incontro per valutare soluzioni alternative al recesso.

Tutta la procedura deve giungere a conclusione entro venti giorni dal giorno di invio della comunicazione, a meno che le parti non chiedano una proroga (che può essere di massimo quindici giorni) per giungere ad un accordo, oppure in caso di impedimento legittimo del lavoratore.

Se il tentativo di conciliazione non va a buon fine o viene superato il termine di venti giorni senza alcun risultato, il datore di lavoro può procedere con il licenziamento.

Se il tentativo di conciliazione si conclude con esito positivo e si giunge alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il lavoratore può accedere all’Assicurazione sociale per l’impiego.

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